Mente e metafore. Modellamento simbolico e trasformazione.

metafora

Quando a settembre 2000 il collega, nonché caro amico, Angelo Recchia-Luciani mi disse: “Justina! Dobbiamo partire per Londra…c‟è questo nuovo approccio…altro che i corsi che abbiamo fatto fin‟adesso..è proprio quello che cercavamo!”. Io senza esitare, proprio seguendo l’istinto (e fiduciosa del buon senso del mio amico), e anche senza nessuna cognizione di base, dissi: “O.K.!”. E partimmo alla scoperta, che poi si è dimostrata, essere di un nuovo approccio al mondo intrapsichico, della comunicazione e della comprensione del linguaggio.

Eravamo tra i primi 12 privilegiati ad apprendere il modellamento simbolico dopo la pubblicazione del libro (versione inglese). Già durante le prime ore di insegnamento mi ero resa conto che avevo fatto un passo che avrebbe cambiato la mia vita; inoltre mi trovavo davanti ai miglior docenti, Penny Thompkins e James Lawley, che fin‟allora avevo mai incontrato. Ogni minuto era un tuffo in una sorpresa, essenzialmente difficile all’inizio, perché dovevamo scrostarci di sovrastrutture nozionistiche limitanti che ci avevano pesati per tutti gli anni precedenti – per quanto in perfetta armonia con quello che io avevo sempre creduto – ma un meraviglioso volare verso il rispetto totale dell’ individuo, verso la libertà, finalmente e in maniera totalmente incondizionati, di riconoscere ed essere veramente e unicamente se stessi. Nelle stanze della sede del corso si sentivano un intreccio di frasi come: (guardando un disegno) “ecco, è lì, proprio in quel piccolo punto nero dove c’è tutto il problema” (e magari il disegno era fatto di coltelli, sangue, persone legate) ed indagando su quel piccolo punto si aprivano mille altri mondi…oppure “io vorrei essere mille stelle in una notte” oppure “mi sento un fiume intasato di fango” o ” sono un occhio imprigionato dietro le sbarre di una città industriale…”E tutto era più che normale. Sicuramente, visto da un osservatore esterno, magari da uno psichiatra, avrebbe potuto dire: questi sono in pieno fase di delirio! Portate il valium!‟

Invece, eravamo tutte persone “normali” (per la definizione di normale rimando al prossimo libro!) che stavano imparando a prendere contatto con il proprio mondo metaforico. Alla fine del corso, giustamente, Penny e James, ci chiesero di creare una metafora per quello che ci sembrava essere il modellamento simbolico. Io, personalmente, ho detto che mi sento Alice nel mondo delle meraviglie. Tanto è vero che questa metafora tutt’ora accompagna i miei momenti di terapia: ogni volta, ogni cliente mi porta in un incredibile viaggio verso un mondo fantastico! E non riesco mai a stancarmi!

Da allora ho utilizzato il SyM (abbreviazione di modellamento simbolico in inglese) in molti casi – sia come unico approccio terapeutico o insieme ad altri approcci, per esempio ipnosi, terapia strategica breve, PNL. Mi adeguo al cliente e alle sue esigenze. Spesso i miei clienti hanno avuto difficoltà (impaccio, vergogna) ad entrare nel mondo del SyM, altri invece non volevano lasciarlo. Potrei comunque dedurre che il risultato, breve o portato a termine che sia stato, ottenuto con il SyM, è senz‟altro sconvolgentemente definitivo, in confronto alle altre tecniche utilizzate. È come se si aprisse una nuova consapevolezza di un qualchecosa che è in noi, di cui magari non siamo padroni, ma già una seduta di SyM avvia l’ inconscio al cambiamento, immediato o meno che sia.

Vi porto il mio primo caso di applicazione di SyM in una donna di 52 anni che si era presentata da me per una grave depressione con ideazione al suicidio. Alla terza seduta ho incominciato ad utilizzare il SyM. La descrizione di sé era come segue: “un fantasma grigio incollato in un mondezzaio dove correvano lucertole, topi, sostanze viscose che la legavano e la soffocavano, dove c‟erano frammenti di scheletri, ai piedi e nella profondità di una città industriale dove c’era solo smog, avvelenamento, grattacieli alti e il buio pestifero, puzzolente. Dopo aver provato con varie domande clean, e avendo come risposta un continuo “non lo so‟, “nulla è possibile‟, riusciì ad indirizzare il suo sguardo verso il cielo che lei descriveva come una lamina di metallo, dove mai, mai il sole sarebbe potuto penetrare. Solo una Mary Poppins con una valigia piena di risorse avrebbe potuto cambiare la situazione, ma Mary Poppins non poteva arrivarci. La sua rigida convinzione di una impossibilità di cambiamento, della suo nefasto destino di rimanere fantasmino senza mani, senza volto, senza piedi, incollato e destinato ad essere alla mercè delle lucertole e delle fauci ingorde dei topi mi fece sgomentare in silenzio, disperata nella mia convinzione di non poterla aiutare. Intanto, ho prestato fede al SyM e mi sono detta, “proviamo‟.

Dopo un mese e mezzo di terapia con il SyM questa donna buttava petali di rose ovunque, correva libera in prati e nei mari di Miami – le lucertole (parenti) e topi (marito) erano diventati dei costumi di Halloween – flosci, inetti, la città industriale un prato di fiori e colline verdi. E dal punto di vista clinico: aveva presa per la prima volta le redini della sua vita in mano. Gestiva, comandava e diceva la sua. Il fantasmino non c‟era più. E davanti a me avevo una splendida donna raggiante, fiera di sé.

Da allora ho utilizzato il SyM in tanti casi con risultati meravigliosi. Cosa raccomandare al lettore o al discente che vuol intraprendere questa nuova strada? Intraprendete questa strada, senza esitazione, vi darà nuovi orizzonti su come rispettare veramente uno l’altro e per chi praticherà la psicoterapia, avrete in mano uno strumento che permetterà al cliente di cambiare veramente.

Buon lavoro

Justina Claudauts, 21 ottobre 2002

James Lawley e Penny Tompkins, Mente e metafore. Modellamento simbolico e trasformazione. Gruppo Editoriale Infomedia, 2003
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