L’immortalità

roberto_assagioli

L’aspirazione all’immortalità è fondamentale nell’uomo. È forse dovuta soltanto all’istinto di conservazione, ad un desiderio causato dalla paura della morte, oppure è un indizio, una più o meno chiara intuizione di una verità essenziale, di una gloriosa realtà? Vi sono due modi per rispondere a questa domanda, per liberare noi stessi e gli altri dalla negazione materialista e dal dubbio sull’immortalità.

1. La dimostrazione scientifica della sopravvivenza.

La somma delle prove raccolte dagli studiosi di metapsichica in tutte le nazioni è così imponente che chiunque si prenda la pena di leggere tutti i libri sull’argomento con mente libera da preconcetti, arriva ad ammettere la sopravvivenza e l’attività della psiche umana dopo la morte del corpo fisico. Quando uomini intelligenti, abituati all’uso del metodo scientifico, quali i fisici William Crookes e Oliver Lodge, il filosofo Charles Richet e molti altri, dopo anni di accurati esperimenti, arrivano a queste conclusioni, le loro constatazioni dovrebbero avere lo stesso peso di quelle che essi, e altri scienziati, hanno fatto in altri campi dell’indagine scientifica.

Tale prova della sopravvivenza umana è importante in quanto distrugge la barriera del materialismo e dà accesso ad una serie di piani, di livelli o di regni invisibili, nei quali esistono ed operano entità psichiche umane o di altro genere. La dimostrazione della sopravvivenza non è sufficiente, però, a risolvere il mistero centrale della psiche, perciò noi dobbiamo procedere oltre e più a fondo e seguire la seconda via.

2. La Realizzazione diretta dell’immortalità.

Per giungere a tale realizzazione dobbiamo domandarci: “Che cosa o chi è immortale?”. Rispondere a questa domanda implica l’analisi o la conoscenza dei vari aspetti o livelli della psiche. Essi sono stati descritti in modi diversi durante le varie epoche, ma credo che la seguente classificazione sia la più consona tanto agli insegnamenti esoterici quanto alle scoperte della psicologia moderna.

Livelli:

a) istintivo

b) emotivo

c) mentale

d) spirituale.

È importante notare che il primo livello, l’istintivo, è per la maggior parte inconscio o subconscio; il secondo ed il terzo sono in parte coscienti e in parte subconsci, il quarto rimane di solito quasi completamente supercosciente. La realizzazione dell’immortalità può essere ottenuta solo mediante, o entro, la psiche spirituale. Perciò il problema può essere risolto solo elevando la nostra coscienza a quel livello, oppure aprendo la nostra mente alle rivelazioni che ne provengono. Questo è possibile ed è stato compiuto da una minoranza non esigua di persone in tutti i tempi ed in ogni luogo. Fondatori di religioni, Iniziati e Maestri, Mistici e Profeti, filosofi e poeti, compongono questa imponente “nube di testimoni”.

Le Upanishad e la Baghavad-Gita, il Vecchio e il Nuovo testamento, Platone, Plotino, i mistici di tutte le religioni e, nei tempi moderni, le testimonianze date da intuitivi e ispirati quali Walt Whitman e E. Carpenter, quelle raccolte ed interpretate dal Buck, dal James, da Winslow Hall e da Ouspensky, si completano e si corroborano a vicenda. Se cerchiamo di isolare i punti e gli elementi comuni a tutte queste testimonianze, ed alla maggior parte tra esse – mettendo da parte le differenze dovute ai diversi temperamenti e mentalità dei testimoni – troviamo che i principali punti di concordanza sono i seguenti:

1. una percezione interna di luce, che in certi casi è così intensa da essere descritta come una gloria abbagliante ed un’impressione di fuoco. Da questa caratteristica è derivato il termine “illuminazione” con il quale spesso si designano questi stati supercoscienti. Tale illuminazione, in molti casi, si estende al mondo esterno, che è percepito come trasfigurato e pervaso da una luce ineffabile;

2. un senso di liberazione dall’ordinaria subcoscienza e dall’abituale egocentrismo ed una grande espansione ed elevazione di coscienza;

3. un senso di unità del tutto. Questa realizzazione ha il carattere paradossale che, mentre è associata al suaccennato senso di perdita o di oblio della propria perso nalità, vi è al tempo stesso nel soggetto il senso di una vita più piena, più ampia, più reale;

4. una sensazione di bellezza, sia di una bellezza interna e senza forma, sia la rivelazione di una bellezza, fino ad allora non percepita, del mondo esterno anche nei suoi aspetti più comuni ed ordinari (assomiglia per certi aspetti allo stato di innamoramento nel quale tutto è percepito bello – N.D.R.);

5. sentimenti di gioia, di pace, di amore, frammisti in varie proporzioni;

6. la perdita del senso del tempo: l’elevarsi al di sopra del flusso del “divenire”, al di sopra del passato, del presente, del futuro, la realizzazione dell’eterno ora e della permanenza, dell’indistruttibilità del proprio Sé Spirituale, del Centro del proprio essere;

7. una certezza incrollabile ed un’interna sicurezza della realtà di questa esperienza interna;

8. una spinta ad esprimere, a comunicare agli altri la propria illuminazione, a renderli partecipi di questo tesoro prezioso, ed un senso di amore e di compassione per coloro che brancolano nel buio. A questo punto sorge spontanea la domanda: “Come si ottiene tale realizzazione?”. In alcuni casi essa avviene spontaneamente ed inaspettatamente e l’individuo ne è stupito e meravigliato. In altri è il frutto e la ricompensa di una disciplina e di un allenamento interno ben definiti, di un processo deliberato di Yoga, o unione con la Realtà Spirituale.

I mezzi e i metodi per fare questo si possono enumerare nel modo seguente:

• Preghiera (emotiva e devozionale)

• Meditazione (mentale)

• Contemplazione (intuitiva)

• Affermazione (volitiva)

• Invocazione (che cerca di combinare ed unire tutti gli altri in un’azione interna sintetica dell’intera psiche).

Fra i molti brani intesi a facilitare le realizzazioni spirituali ne riporterò due dei più belli ed efficaci:

– Più radioso del Sole, più puro della neve, più sottile dell’etere è il Sé, lo Spirito dentro di me. Io sono quel Sé, quel Sé sono Io (testo indiano).

– Lo Spirito non è mai morto; lo Spirito mai cesserà di esistere. Mai vi fu un tempo in cui non fosse; Fine e Principio sono Sogni; Non nato, immortale, immutabile, resta sempre lo Spirito. La morte non l’ha in alcun modo toccato, per quanto la sua “casa” sembri senza vita (traduzione dalla Bhagavd-Gita).

In conclusione, è possibile avere un’esperienza spirituale interiore dell’immortalità ed i mezzi per ottenerla sono noti ed a disposizione di tutti coloro che vogliono usarli.

 

Roberto Assagioli

(Archivio Assagioli Firenze)

Tratto da:  Rivista Psicosintesi n.15, Aprile 2011

www.psicosintesi.it