Il mio viaggio, storia di una guarigione dal cancro

viaggio

Patricia Dilts è la madre di Robert Dilts, per lungo tempo allievo e poi collega di Richard Bandler e John Grinder, i padri fondatori della “programmazione neurolinguistica”; Dilts ha anche studiato personalmente con Milton Erickson e Gregory Bateson, sviluppando poi la “PNL sistemica”, che integra le potenti tecniche neurolinguistiche con i livelli sistemici più complessi nei quali il soggetto è immerso.

La storia di questa donna malata di cancro ci ricorda che “la guarigione viene da dentro: è il risultato della volontà di un individuo di liberare le capacità straordinariamente naturali di auto-correzione che ha il corpo umano; non è la conseguenza dell’uso di tecniche”. È un viaggio che mostra le grandi e innumerevoli risorse dell’essere umano, della sua curiosità verso la vita e sulla immaginazione e creatività con cui gli esseri umani riescono a trasformare eventi drammatici in stimoli di crescita, di trasformazione e in occasioni per amare maggiormente la vita.

Il modo in cui Patricia viene guidata da Robert ad attivare le sue risorse, può essere di grande aiuto per tutti coloro che si ammalano e per le loro famiglie, per chi lavora nell’ambito della salute, medici e paramedici nonché nelle professioni di aiuto, psicoterapeuti, psicologi, counsellor e coach.

“Nel 1982 le fu diagnosticata la ricomparsa di un tumore al seno e fu informata che si era diffuso in tutto il corpo. Non le fu prospettato molto tempo da vivere ancora”.

Robert aiutò la madre, attraverso lunghe conversazioni “molto intense e rivelatrici” a recuperare la volontà di vivere, a trovare nuovi modi di pensare e nuove strategie per fare le scelte di cui aveva bisogno, a cambiare la prospettiva con cui guardava il mondo, a sciogliere alcune convinzioni disfunzionali (virus del pensiero) a riappropriarsi del suo “potere personale”: “Il problema era la mia percezione del mondo, il modo in cui affrontavo ciò che accadeva. Mi assumevo la responsabilità del comportamento degli altri, credendo che avrei dovuto essere in grado di risolvere tutti i problemi”. Andare a casa invece di ricoverarmi in ospedale, fu l’inizio di un cambiamento importantissimo nella mia vita: non avrei più fatto le cose perché “dovevo” farle; d’ora in poi, avrei avuto la “scelta”.

“Robert mi chiese di descrivere gli eventi della mia vita e le mie paure, raccontandogli cosa trovavo dentro di me quando mi ponevo delle domande. Che cosa avevo? Cosa stavo facendo, di che cosa avevo bisogno? Come avrei raggiunto il mio obbiettivo di salute?”.

 

Conflitto tra parti interne

Il primo aspetto su cui Dilts lavorò fu l’integrazione del conflitto tra due parti. In sua madre c’erano due donne, con bisogni e valori diversi: una donna che Patricia si rappresentava vecchia, stanca, molto sciupata, con i capelli bianchi e con un vestito a brandelli che desiderava pace e tranquillità e una “donna molto più giovane, forte e vivace, vestita con colori sgargianti da cui straripava energia e voglia di fare le cose, piena di idee su tutto”. Due donne molto lontane tra loro che non si fidavano l’una dell’altra.

“Fu allora che mi resi conto che la donna stanca dai capelli grigi avrebbe voluto sbarazzarsi della donna sgargiante e ambiziosa, così entrambe avrebbero potuto riposarsi un po’. Questa rivelazione fu così reale che mi spaventò”.

 

Il senso dell’umorismo

Ad un certo punto del “progresso verso il benessere”, Patricia descrisse la comparsa di “una creatura vestita di nero simile ad un folletto, che mi minacciava e mi faceva paura”.

“Robert mi chiesa se potessi rimpicciolirla. Così la rimpicciolii. Potevo metterla dentro ad una cornice? La misi in una cornice chiara di legno di quercia. Potevo anche cambiarle di colore? Le misi addosso un vestito color giallo acceso che mi faceva ridere. A questo punto il folletto era piuttosto ridicolo e innoquo. Il senso dell’umorismo è una buona risorsa”. Via via le paure di Patricia iniziarono a diminuire.

 

Visualizzare il futuro

Nel guidare la madre a scoprire quali risorse potesse utilizzare dentro di sé che l’avrebbero aiutata a guarire, la aiutò a vedersi dall’esterno: “mi chiese se riuscissi a immaginare me stessa guardare verso di noi nell stanza, a una breve distanza dal punto in cui eravamo. Ci riuscivo. Potevo anche spostarmi verso il soffitto? Si. Allora, passo dopo passo, mi guidò ancora più lontano. Ero all’esterno della casa e la vedevo dall’alto, con tutto il cortile; poi ero sopra la città, la regione, lo stato e così via […] Fui in grado di immaginare di essere nell’universo e di sentirmi in armonia con tutto il creato. Immaginai di tornare ad essere una semplice cellula, trovando così, molto lentamente, il mio posto nell’ordine delle cose. Il mio posto era destinato ad essere un posto sano. Non era previsto che fossi malata […]”.

Robert guidò poi la madre a visualizzare il futuro, a vedersi come sarebbe stata dopo 25 o 30 anni, per rafforzare il raggiungimento del suo obbiettivo, a diventare lei stessa il suo modello ispiratore.

 

Fare delle scelte

Patricia decise di ricominciare da zero e di dedicare il suo tempo per fare le cose che aveva sempre voluto fare: “Finalmente presi la decisione di provare  usare le mie convinzioni e le mie energie per aiutare il mio sistema immunitario a diventare forte e sano. Mi sentivo un po’ come la mitica Fenice che rinasce dalle ceneri. Mi ricordo distintamente il momento in cui presi questa decisione”.

Sono convinta che il fatto che il paziente si assuma la responsabilità della sua salute e che prenda parte alle decisioni sulle cure da seguire favorisca la guarigione”.

 

Modelli ispiratori e visualizzazioni

Siccome la madre, la sorella e la zia di Patricia erano morte anche loro di tumore al seno, Robert suggerì a Patricia di ispirarsi al “modello del padre” che  era sopravvissuto dodici anni dopo una malattia che era stata definita mortale. Fu guidata allora da Robert a trovare tutte le cose in cui poteva ispirarsi e assomigliare al padre che lei amava e ammirava tanto: trascorrere molto tempo all’aria aperta, fare il giardinaggio, essere sensibile al rapporto con la natura, ai suoi capolavori, le piante e tutti gli esseri viventi.

Patricia si allenò molto a visualizzare e siccome non gli piaceva l’idea di uccidere una parte di sé, preferì “considerare le cellule cancerogene come confuse, bisognose di guida o di riciclaggio. Trassi spunto dalla parabola della pecorella smarrita contenuta nei Vangeli e cercai di condurre al gregge le mie cellule confuse […] Cercai di moltiplicare i miei globuli bianchi immaginando le nuvole come meravigliosi greggi di pecore che si moltiplicano sempre più sopra la cima delle montagne. Mi immaginai anche cellule confuse che venivano digerite e trasformate in energia”.

Quando si sentiva debole e confusa le bastava congiungere le mani ed intrecciare le dita come aveva fatto all’inizio del percorso quando aveva assunto quella fisiologia per integrare le due parti di se in conflitto. Quel gesto divenne un’àncora fortissima della sua integrazione, trasformazione, congruenza interiore che in modo automatico provocava un cambio di tutta la sua fisiologia verso una maggior forza e pienezza.

 

Convinzioni

Patricia iniziò ben presto ad essere allineata con tutte le sue forze verso l’ obbiettivo della guarigione. Le conseguenze sul piano dei comportamenti non tardarono ad arrivare: iniziò ad interessarsi di alimentazione eliminando cibi trattati, carni rosse e compilò una dieta costruita ad hoc per sé; iniziò a nuotare e a camminare quotidianamente anche se con moderazione, senza abusare delle sue risorse fisiche. Ben presto i suoi orizzonti iniziarono ad allargarsi e non tardò anche a manifestarsi una nuova gioia di vivere.  Nei momenti difficili non smise mai di porsi degli obbiettivi seppur minimi.

Uno dei grandi ostacoli verso la guarigione, come nel raggiungimento di obbiettivi, sono i “vantaggi secondari”, cioè quei vantaggi che la malattia o lo stato problematico su cui si sta lavorando, comportano. Alcune persone infatti utilizzano la malattia per risolvere i loro problemi. Togliersi d’impiccio, lasciare una situazione pesante psicologicamente fino a lasciarsi morire, possono essere strategie per risolvere un problema.

Dilts insiste molto sull’individuare quei “virus del pensiero”, quelle convinzioni che possono ostacolare il processo della guarigione. “La società, e persino i nostri medici, possono creare idee negative nella nostra mente”.

Per combattere contro questi “virus del pensiero”, possiamo aspettarci comportamenti da noi stessi e “programmarci” per metterli in atto.

Trovare qualcosa di divertente nelle situazioni e ridere di se stessi per evitare di prendersi troppo sul serio; non aver paura di fare sogni meravigliosi perché alcuni potrebbero anche avverarsi; essere curiosi di esplorare e di fare nuove scoperte.

“Una volta un mio amico medico mi disse che secondo lui le persone, a volte, devono ammalarsi gravemente per imparare a prendersi cura di loro stesse e vivere una vita migliore”. Le persone sopravissute a gravi malattie per le quali sono state a rischio di vita, raccontano di apprezzare in modo speciale la vita e di “provare addirittura un nuovo senso di amore per l’umanità”.

“Uso la parola ‘scelgo’ perché sento che ‘scegliere’ ha a che fare con l’estensione della vita”. Dalla sua “remissione” Patricia ha trovato la sua “missione”.

 

Conclusioni

Il cancro è ancora una grande piaga, nonostante il progresso scientifico e tecnologico abbiano fatto grandi passi. È caratterizzato da una crescita incontrollata di certi tessuti del corpo. A seconda dei tipi di tumore possiamo parlare di diversi tipi di pericolosità. Ciò che rende pericoloso il cancro è la sua adattabilità e variabilità. Tuttavia il cancro è una minaccia quando il sistema immunitario non riesce a produrre “la varietà regolatrice necessaria” per identificare e “assorbire” efficacemente le cellule cancerogene che proliferano.

Molto spesso la terapia diventa essa stessa una minaccia per la vita perché il trattamento, oltre ad uccidere le cellule malate, intacca anche i tessuti sani. Alcune diagnosi di cancro, sono, ancora oggi, equiparate a delle sentenze di morte.

Molti nuovi metodi sperimentali uniti a nuove strategie alternative hanno messo finalmente in discussione la tradizionale prospettiva pessimistica e le percentuali di sopravvivenza stanno aumentando.

Già agli inizi degli anni settanta Carl e Stephanie Simonton dimostrarono che l’uso della visualizzazione e delle immagini mentali sembrava contribuire enormemente alla guarigione di alcuni pazienti malati. “I Simonton rappresentavano le cellule cancerogene come ‘deboli e confuse’, piuttosto che come invasori assassini. Incoraggiarono i loro pazienti a visualizzare il loro sistema immunitario come forte e potente […].

Robert Dilts ci illustra corm la “Programmazione Neuro Linguistica” offra oggi un significativo contributo e integrazione al trattamento tradizionale del cancro mediante una serie di strumenti:

–  Visualizzazioni guidate e lavoro sulle immagini interne e sulle sub-modalità

–  Aiuto a creare nella persona una visualizzazione corretta dell’obbiettivo, come attraente e ben formato

– Lavoro sui “virus del pensiero” o convinzioni disfunzionali nostre o introiettate dalla società in cui viviamo

– Assistenza alla persona nel rafforzamento della identità a dei suoi confini personali aiutandola ad identificare altre “posizioni percettive”

– Lavoro sulle parti e sulla congruenza interna

– Affrontare questioni familiari o sentimentali rilevanti che potrebbero interferire con il processo di guarigione

– Identificare e risolvere eventi e “imprinting” nella storia personale dell’individuo collegati a convinzioni limitanti relative alla salute

– Risolvere conflitti interiori che potrebbero causare stress e ostacolare così la guarigione

– Aiuto verso la scoperta della propria vocazione o mission

 

Sintesi di Gianluca Minella,

Tratto liberamente da: Patricia Dilts, Il mio viaggio. Storia di una guarigione, Alessio Roberti Editore, 2005