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Archeologie junghiane. Attualità del Libro Rosso.

  • Immagine del redattore: Gianluca  Minella
    Gianluca Minella
  • 8 ott 2017
  • Tempo di lettura: 1 min

“I più grandi mistici avevano sempre lo scopo di salvare  il mistico per intero, la tendenza è abolire il mondo per ricrearlo. Secondo me, questa tendenza verso il puro è universale”, M. Eliade


“Nelle condizioni attuali il mondo è invivibile, se non riesce a trovare quel che i primitivi possedevano: la possibilità del dono”, G. Bataille


Nel 2010 è uscito il Libro Rosso di C. G. Jung, postumo, motivo di scandalo, profanazione della privacy del maestro, oggetto di culto, strenna natalizia e merce mediatica, tra gotiche scritture e disegni ospitati alla Biennale di Venezia come espressione di un sapere enciclopedico visionario.


A differenza di altri commenti, “Archeologie Junghiane”, non è né di uno storico, né di un filosofo, ma di un clinico. Il clinico non si stupisce davanti al pandemonio dell’immaginazione di Jung, testimonianza del travaglio di un uomo alla prese con la più potente crisi della modernità: quella tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale.

L’immaginazione, che oscilla tra il sublime e il tremendo, fa emergere arcaismi millenari.


Ecco allora nel libro rosso la guerra, la religione, la magia, il sapere nel cuore, l’anima mundi, l’umana natura, la saggezza del paganesimo, la morte, la vita verdeggiante. L’autore di questo testo attraversa i percorsi archeologici del Libro Rosso mettendo in evidenza i nessi che lo legano all’opera successiva di Jung. In questa prospettiva Jung partecipa come Kandinsky, Joyce ed altri, all’avventura delle avanguardie, che si trovano ad affrontare la frammentazione della soggettività europea e il suo invisibile sfondo.


Marco Gay, Archeologie junghiane. Attualità del Libro Rosso, Paolo Emilio Persiani Editore (Collana Temenos), Bologna, 2015


copertina del libro Archeologie junghiane. Attualità del Libro Rosso

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