Il trauma e l’anima, sempre di Moretti & Vitali, pare ancora più centrato ad esplorare quel misterioso sistema di autocura che si mobilità nei sopravvissuti al trauma.
Dopo la pubblicazione de “Il mondo interiore del trauma” nel quale Donald Kalshed aveva messo in relazione il punto di vista junghiano sul trauma con le teorie psicoanalitiche delle relazioni oggettuali, della dissociazione e delle difese arcaiche e primitive, in questa nuova ed avvincente pubblicazione, attraverso la descrizione di diversi casi clinici Kalshed vuole dimostrare che la psicoterapia del profondo, con i sopravvissuti al trauma, può aprire a entrambi i partnerdell’analisi un “altro mondo” di realtà non ordinaria, in cui abitano potenze demoniche della luce come delle tenebre.
Le vittime di traumi precoci sono persone “altamente sensibili”, che hanno avuto esperienze mistiche, che nutrono intensi legami emotivi con gli animali o con il mondo mito-poetico della letteratura, del cinema, del teatro e soprattutto della poesia.
Talvolta riferiscono di essere stati salvati da un mondo interiore pieno di presenze benevole e soprannaturali, narrano di esperienze sincroniche, descrivono una vita nella quale la realtà ordinaria spesso sfuma in una realtà straordinaria che consente loro accessi misteriosi ad un mondo immateriale che è precluso alle persone meglio adattate.
Altre volte i protettori interni, sotto la pressione di esperienze stressanti e/o frustranti si trasformano in persecutori interni ossia gli angeli sono sostituiti dai demoni dello smembramento, dell’esaurimento psichico, della disincarnazione e delle difese primitive.
L’anima traumatizzata è esposta ad una spiritualità delle tenebre e del terrore, ad una mistica della violenza e della possessione demoniaca, a quell’oscuro mondo dello spirito caratterizzato da potenti forze oscure che si oppongono alla cura.
Se l’inconscio collettivo da un lato può sostenere e favorire l’integrazione psichica e la totalità, dall’altro senza una adeguata mediazione relazionale con l’Io (Asse Io-Sé) può inghiottire e “acchiappare” l’Io trascinandolo nella psicosi.
Le persone vengono in psicoterapia per rintracciare le radici storiche dei loro traumi, ma soprattutto per trovare una biografia adeguata e cioè una storia, una narrazione nuova e più ampia che renda onore del duplice destino della loro anima su questa terra come cittadini dei “due regni”.
Paradossalmente i sopravvissuti al trauma sono in una posizione senza eguali per rivendicare una posizione più ampia in quanto spinti da una forza straordinaria in un mondo spirituale spesso metallizzato che li aiuta a sopravvivere alla sofferenza insopportabile delle relazioni affettive primarie.
“Orfani del reale” (James Grotstein, 2000) ma allo stesso tempo “Avatar dell’ultraterreno”. Sono in fondo degli iniziati perché quando le crepe della dissociazione aprono il loro Io se il mondo archetipico è li pronto ad acchiapparli, il mondo mitopoietico ad aiutarli con la sua matrice esponenziale collettiva che è in grado da fungere da risorsa.
In fondo le iniziazioni antiche non facevano altro che creare delle crepe e delle fenditure o scissure nell’Io.
Le neuroscienze parlano di dissociazione in termini di frammenti di esperienza (sensazioni corporee e stati emotivi primarie) che restano depositate soltanto nella memoria implicita e sono codificati in aree primitive sub-corticali o libiche del cervello.
Rimanendo indifferenziate accumulerebbero rinforzi arcaici archetipici dello stato collettivo dell’inconscio prima di essere ricoperti come ricordi individuali nella memoria esplicita come ha spiegato Jung.
Durante il periodo “organizzativo” dello sviluppo le memorie archetipiche avrebbero un ruolo fondamentale nella relazione primaria.
È più facile che tale memorie, piuttosto che essere integrate nella memoria esplicita, si rendano disponibili attraverso il sogni, le metafore e la poesia in quanto il linguaggio mito-poietico accede ad un livello demonico, collettivo e archetipico della mente.
Il mondo spirituale è reale e dopo un trauma viene mobilitato per intenti difensivi, attraverso angeli e demoni che perseguitano o beatificano i sopravvissuti. Il sacro sostiene l’individuo anche negli ambienti umani più deprivanti e abusanti
Il Cantastorie è stato realizzato da un ignoto Inuit della costa occidentale dell’Alaska. Con un occhio chiuso è focalizzato nel mondo interiore dei sogni e delle immagini mitopoietiche, con un occhio aperto focalizzato all’esterno sulla realtà materiale e interpersonale.
Due mondi che debbono essere tenuti insieme se si vuole raccontare una storia umana, autentica e convincente, sul trauma e che sappia integrare sul materiale e lo spirituale.
Come possiamo vivere una vita piena fra questi due mondi? Il tema è quello assumere il punto di vista di una metapsicologia binoculare entro la quale inquadrare e interpretare i casi clinici e il loro quadro teorico.
Occhio aperto rivolto all’esterno. Insiste sulla relazione fondante madre/bambino nella genesi del Sé e sul ruolo cruciale delle esperienze riparative.
Parliamo del mondo familiare e della maschera, delle relazioni di attaccamento e della relazione con l’ambiente che permetto la fase organizzativa e neotenica del sistema nervoso. Spirito del tempo.
Occhio chiuso rivolto all’interno.
È un mondo meno familiare, invisibile allo sguardo esteriore ma non per questo meno reale e misterioso. Distante dallo spirito del tempo è un luogo nel quale i mistici di tutti i tempi hanno trovato un senso. Spirito del profondo.
Che cos’è il sistema di autocura? Il trauma relazionale precoce dipende dal fatto che spesso siamo costretti a fare, in questa vita, esperienze superiori a quelle che possiamo sopportare coscientemente.
Un problema che esiste dai tempi dei tempi ma particolarmente acuto nella prima infanzia quando a causa della immaturità della psiche e/o cervello, siamo male-equipaggiati per metabolizzare la nostra esperienza (vedi “neotenia” del bambino).
Un bambino piccolo che subisce un abuso, una violenza o trascuratezza grave e spesso reiterata da parte di un adulto che dovrebbe prendersi cura di lui è sopraffatto da emozioni intollerabili che sono impossibili da metabolizzare e tantomeno da comprendere o concepire.
Parliamo di uno shock che manda in frantumi l’unità psicosomatica della persona e minaccia di conseguenza il nucleo vitale (o scintilla vitale) dell’individuo che è essenziale per l’esperienza di essere vivi e “sentirsi reali”.
Per fortuna questo non accade mai completamente perché entra in azione la “dissociazione” che mette i sigilli a questo nucleo essenziale profondo sostituendovi la molteplicità e una storia archetipica che implicitamente tiene insieme le parti.
L’emozione intollerabile viene distribuita sulle diverse parti della psiche/soma che smettono di sapere l’una dell’altra in modo che la personalità nella sua totalità non debba soffrire l’orrore indicibile del trauma.
Nell’esperienza si aprono discontinuità e lacune, auto-divisioni che permettono la sopravvivenza perché scindono una parte di innocenza e vitalità del bambino dalla sua personalità, preservandola nell’inconscio per uno sviluppo futuro. Questo permette alla vita di andare avanti, di preservare quel nucleo innocente e vitale fino a quando le condizioni ne permetteranno l’espressione che avverrà per esempio nei sogni.
Le difese dissociative difendono questo nucleo mentre lo perdono.
Molti autori si sono occupati di questo intervento difensivo tra i quali Ferenczi (1993) che parlò della scissione fra “sé regredito” che si ritira e “sé progredito” che cresce troppo in fretta per proteggere il Sé regredito oppure Winnicott (1960) che distinse fra “vero sé” e “falso sé” o “sé custode (caretaker)” designato a proteggere e di solito identificato con la mente, lasciando il vero sé a languire nel corpo e causando la malattia psicosomatica.
La parte psichica regredita è rappresentata da un bambino o da un lattante rinchiuso in un “bozzolo interiore”(Modell, 1984), un “santuario imprigionante”(Eigen, 1995), un “rifugio psichico” (Steiner, 1993) mentre la parte che si è evoluta può presentarsi come una “parte sadica e tirannica”, “che attacca e imprigiona il bambino”(Fairbairn, 1981) o come un “falso dio” immagine del sistema narcisistico di difesa (Symington, 2001).
Nei sogni di alcuni pazienti la parte regredita si può presentare in veste di un bambino saggio, straordinario (Ferenczi parla di “poppante saggio”), divino magari circondato da una luce soprannaturale che si esprime in parabole e si manifesta con poteri miracolosi. Oppure nelle vesti di animale magico, uccello parlante, delfino o pony come animale-anima. La parte progredita, anch’essa mitizzata, come vampiro terrificante, demone sadico che tortura il paziente dall’interno e che talvolta si trasforma in angelo custode che protegge il bambino interiore.
Il bambino sembra in tensione fra due antinomie archetipiche, le torture dell’inferno e la benedizione del paradiso. Demoni dagli occhi fiammeggianti che rappresentano la tranceottundente della dissociazione traumatica, angeli buoni che proteggono e benedicono.
La struttura di difesa pare avere questi due volti, una struttura archetipica diadica che si manifesta mediante un sistema difensivo protettivo/persecutorio rappresentato in forma “demonica”.
È la relazione a guarire il trauma, ma non una relazione qualunque.Una relazione con un occhio rivolto all’interno e un occhio aperto rivolto all’esterno, per saper aprire sia lo spazio intersoggettivo che lo spazio mitopoietico.
“La ricerca della ragione finisce sulle rive del noto; nello spazio immenso che lo trascende solo il senso dell’ineffabile può insinuarsi […]. Noi oltrepassiamo le rive del noto in cerca di avventura o di rischi, o perché la ragione non arriva a rispondere ai nostri interrogativi. Ci mettiamo in viaggio perché la nostra mente è come una fantastica conchiglia marina, e tutte le volte che accostiamo l’orecchio alle sue labbra sentiamo il mormorio incessante delle onde al di là della riva. Cittadini di due regni, tutti noi dobbiamo mantenere una doppia fedeltà”, A. J. Heschel
Donald Kalsched, Il mondo interiore del trauma, Moretti & Vitali, 1996.
Donald Kalsched, Il trauma e l’anima, Moretti & Vitali, 2013.