L’inconscio fra reale e virtuale di Letizia Oddo
Il libro di Letizia Oddo – scrive Giuseppe O. Longo nella prefazione – è di interesse straordinario: indagando i rapporti tra corpo, mente, coscienza e inconscio attraverso il prisma sfaccettato delle tecnologie dell’informazione, si articola in una serie di considerazioni di grande richiamo, che rivelano nell’autrice una rara padronanza di strumenti anche filosofici capaci di collegare tra loro temi problematici, al limite di ricerche specialistiche.
La ricerca che percorre questo libro, in una prospettiva psicoanalitica, è volta a comprendere la dinamica psichica che si esprime nel mondo rarefatto della tecnologia informatica, in una dimensione che può definirsi magica, arcaica, tribale.
Influenze e contagi sembrano emanare dalla comunicazione virtuale, nella sfera infinita dell’immateriale e del potenziale, oltre il tempo e lo spazio.
Oggi sono le tecnologie del post-umano che permettono di progettare un nuovo ordine di realtà costituito da organismi sempre più ibridati con l’artificiale, avatarimmersi in una rete di dati elettronici: corpi, pensieri, azioni possono essere clonati al di fuori della soggettività, disarticolarsi e proliferare nella loro riproducibilità.
In questo contesto di realtà, la sofferenza psichica tiene aperto un varco, nell’ascolto del richiamo di un’umanità dolente, smarrita, sola.
“Il futuro, per come lo sviluppo delle tecnologie informatiche lo prefigurano, sarà costituito da entità umane sempre più immerse in una connettività di dati elettronici, in una espansione della coscienza nella telepresenza multidimensionale”.
La post-umanità è caratterizzata da una tensione verso il superamento della dotazione naturale e culturale e dei limiti della conformazione individuale, da uno svincolarsi dalla imperfezione e dalla mortalità dell’essere umano così come la sua storia biologica lo ha modellato.
“L’individualità potrà disarticolarsi nelle sue modalità e funzioni: voci, corpi, pensieri, azioni potranno essere clonati al di fuori della sfera della soggettività, estendersi, assembrarsi e proliferare nella loro convertibilità e riproducibilità. Questo è il progetto delle tecnologie del post-umano: oltrepassare i confini della dotazione naturale e culturale, i limiti della conformazione individuale, svincolarsi dalla imperfezione e mortalità dell’essere umano così come la storia biologica e psichica l’hanno modellato (…) Questo progetto è potente, gode di immensi finanziamenti, ma è potente anche per il senso di assoluto, per l’estasi di infinito, per la vertigine di potere che lo ispira e guida: scontare come colpa e debito la nostra imperfezione e caducità. La velocità e l’esattezza dei tempi di elaborazione e trasmissione dell’informazione del computer sono milioni di volte più rapidi di quelli cerebrali, da qui si giustifica il disprezzo per la lentezza della riflessione e contemplazione umana, per la gratuità del sogno e dell’immaginazione, per lo sperpero inutile di sensazioni e affetti”
Oddo definisce la “post-umanità” , quel progetto esaltante e vertiginoso che pare avere come scopo quello di riscattarci dalla vergogna prometeica dalla caducità, dell’imperfezione e della lentezza della nostra transitoria ed effimera natura umana, trasformandoci in macchine ossia in dispositivi duri, eterni ed inossidabili e quindi immortali. Se le previsioni dei guru del post-umano sono corrette si profilerà una società divisa a metà: i pochi, individui dalle capacità fisiche cognitive potenziate in grado acquistare il “servizio” e la grande massa di popolazione non potenziata destinata a compiti di manovalanza e tenuta per lo più in schiavitù. Dietro la spinta di tale rifiuto maniacale il corpo diviene allora delirio e ossessione, minacciato proprio in quel decadimento fisico che ne costituisce, la sua essenza vivente:
“Il corpo minacciato dalla paranoia, il corpo ammalato dell’ipocondria, il corpo a rischio degli attacchi di panico, il corpo grasso dell’anoressia e della bulimia, il corpo inscenato del narcisismo e dell’isteria, il corpo reificato e smembrato della perversione” .
Il corpo diventa difettoso e come le cose che non funzionano più deve essere aggiustato e rimodellato a tutti i costi, oppure è foriero di sensazioni, emozioni ed inquietudini che vanno eliminate a tutti i costi perché fonti di dolore e sofferenza. Il corpo emozionato, appassionato, innamorato, depresso, addolorato, spaventato, gioioso oppure sofferente come ci ricorda Merleau-Ponty è l’unico mezzo che possediamo per andare al centro delle cose, “facendoci mondo e facendole carne”
Come ci ricorda la Oddo :
“Questo è il progetto delle tecnologie del post-umano: oltrepassare i confini della dotazione naturale e culturale, i limiti della conformazione individuale, svincolarsi dalla imperfezione e dalla mortalità dell’essere umano così come la storia biologica e psichica, l’hanno modellato, per librarsi nell’infinito virtuale, scomporsi in molteplici presenze assemblate a seconda delle particolari finalità e utilità, trasmettersi elettronicamente nei codici del comportamento automatico, senza più vincoli, nella frenesia pervasiva della risoluzione immediata” .
L’umana fragilità e vulnerabilità, contrassegnata dall’errore e dal fallimento, con le sue lentezze e limiti, storture e ambivalenze, brutture e contraddizioni, ben al di là dall’essere accettata come presupposto ontologico dell’essere nel mondo, sotto la spinta di un sempre più potente negazionismo maniacale che assume qui la forma di un delirio cartesiano nel quale sia possibile sciogliere finalmente e definitivamente il legame che tiene assieme la res cogitans con la res extensa, cerca di innalzarsi sempre di più al di sopra della sua ferita narcisistica.
Letizia Oddo, L’inconscio fra reale e virtuale, Moretti & Vitali, Bergamo, 2018