Il martire e l’eroe. San Sebastiano e San Giorgio. Riflessioni su due figure archetipiche.
Il martire e l’eroe rappresentano sul piano psichico due complesse modalità di “essere nel mondo”.
Mentre il martire è un testimone di una fede che può essere religiosa, ideologica o comunque di un legame con qualcuno o qualcosa che già esiste o è esistito e che sostanzia la sua vita fin’anche alle estreme conseguenze, l’eroe è colui che senza dedicarsi a qualcuno o qualcosa esplora e costruisce nuove vie dell’esperienza umana.
Tanti sono i martiri e gli eroi inconsapevoli che quotidianamente, nella famiglia, nel lavoro e nella società in genere, vivono la loro vita ordinaria. L’autore si interroga su quale di questi due comportamenti archetipici caratterizzi la nostra presenza mondana, quali siano le dinamiche intrapsichiche inconsce che predispongono a questi “stili di vita”.
Tutto ciò con la finalità di favorire nel lettore un suo interrogarsi al riguardo per una maggiore consapevolezza introspettiva e per salvaguardarsi così dai condizionamenti di una anonima globalizzazione e dall’indifferenza di una psiche collettiva.
“Appartiene al martire più la linea verticale che quella orizzontale, più l’ascensione che la deambulazione, più la purezza che il peccato. Il martire ubbidisce per lo più alle categorie materne: totalità, inconsapevolezza, aproblematicità.
Il tempo del martire è un tempo senza tempo, non si declina in passato, presente e futuro, ma in una eterna trascendenza.
Lo spazio, nelle sue coordinate orizzontali, è uniforme, piatto, indistinto, non esistono anfratti, insenature, asperità, ondulazioni, lo sguardo del matire non è infatti rivolto alla terra, ma alle volte celesti.
Il suo mondo è quello materno simbiotico pre-edipico che come tale è privo di conflitto”.
“Il mondo dell’eroe è invece quello tridimensionale caratterizzato anche dalla figura del padre.
La presenza del padre significa aderenza al principio di realtà. E allora l’eroe è colui che ‘nell’impresa faustiana di strappare la terra al mare’ soffre e non vorrebbe soffrire, prega perché la sofferenza gli venga lenita ma si sforza di continuare, di proseguire il suo cammino.
L’eroe a differenza del martire, ha paura; pur affrontando la morte non l’accetta; il martire invece la provoca, le va incontro, in nome di quancuno o di qualcosa, ha bisogno di annullarsi (anche con il suicidio), perché annullarsi è nella sua natura […].
Il viaggio dell’eroe si svolge dunque in una dimensione orizzontale e in un percorso esistenzialmente complesso: cammina con i propri piedi sulla terra, sentendone fino a fondo la fatica, perdendo e acquistando coraggio, rifiutando e accettando la sofferenza, in un travaglio psichico variegato da luci e ombre”.
Come afferma James Hillman “Quando il padre è assente caschiamo più facilmente nelle braccia della madre”.
A. Gentili, Il martire e l’eroe. San Sebastiano e San Giorgio. Riflessioni su due figure archetipiche, Paolo Emilio Persiani Editore (Collana Temenos), Bologna, 2014.