Gli spostati. Vivere senza amore.

Dedicato a tutti coloro che non hanno potuto individuare il loro centro di energia e di autenticità, quel senso di sé senza il quale non si trova il proprio posto nel mondo e si finisce per inseguire mete che prima o poi rivelano il loro punto di collasso e la loro irrilevanza ai fini di una esistenza che si possa dire veramente umana e piena.

Dedicato a coloro che disillusi sino al midollo e senza speranza di riscatto si ritirano dal mondo e approdano al cinismo che li trasforma via via in malinconici e non di rado supponenti affossatori della bellezza e dell’amore.

Dedicato a coloro che si sentono asini senza sapere che la loro asinità può preludere a un percorso di conoscenza spirituale e iniziatica.

Non è facile rivolgersi al nucleo ancora innocente dei lettori. Rivolgersi al fanciullo segretamente rintanato nell’anima, al fanciullo che ha bisogno d’amore, che non parla e non comprende il discorso dell’adulto che lui stesso è diventato, esattamente come l’adulto non comprende quello del bambino, ancora traboccante di sogno e meraviglia, sebbene lui parli anche troppo e troppo spesso di vane cose, vuote di sentimento.

Smontare la facciata fasulla dei discorsi senza costruirne un’altra altrettanto barcollante e fasulla, è impresa utopica e ardua, a rischio di fraintendimento e di sdrucciolevoli confini.

Tant’è, questa è la tensione che mi motiva a scrivere e a svolgere il mio lavoro clinico. Nel solco conoscitivo della psicologia analitica di C.G. Jung, ma in modo sostanzialmente indipendente dalle astrazioni teoriche, che rimangono implicite beninteso, senza per questo determinare la rotta del mio argomentare, desidero piuttosto raccontare, un po’ favoleggiando, un po’ parodiando, molto disquisendo su seri argomenti.

Lo faccio in costante ascolto delle voci plurime che mi raggiungono uscendo dalle pagine dei numerosi libri che leggo e che mi stupiscono ogni volta per come le medesime cose possono venire dette con linguaggi e narrazioni differenti…

Dedicato a tutti coloro che ce l’hanno fatta a dare un senso alla loro vita proprio a partire dallo squarcio che il dolore e lo smarrimento ha aperto nel loro cuore e nella loro mente.

Dedicato a coloro che hanno il coraggio di un pensiero libero. A tutti coloro che, come l’Odisseo, conoscono la tensione all’oltre ma in essa non si perdono e comprendono che l’orizzonte dell’avventura è la vita in quanto tale.

Le risposte al senso della vita sono individuali e mai esaustive perché ogni uomo “ama cose diverse”.

Sulla scia del pensiero di James Hillman, che ha proposto la metafora della ghianda come immagine che nucleo individuativo che può svilupparsi oppure abortire nel rapporto con l’ambiente, Carla Stroppa in questo testo affronta il tema misterioso dello “spostamento” come smarrimento del percorso individuativo.

Come dice Hillman talvolta “siamo stati derubati della nostra vera biografia – il destino iscritto nella ghianda”. Lo spostamento tuttavia è necessario per raggiungere una maggiore lucidità e consapevolezza, per smarcarsi da pericolose identificazioni e unilateralità.

Chi si sposta perde da un lato il centro, mentre guadagna dall’altro, dislocandosi, una prospettiva più lucida ed equilibrata.

Come diceva Jung “un piede dentro e un piede fuori”, l’atteggiamento che ci permette di collocarsi in quel quel punto intermedio che rende possibile individuare il punto di fuga, l’errore, l’incrinatura, la frattura, lo spostamento patologico che ha reso possibile lo smarrimento e l’autenticità della propria vita.

Carla Stroppa, Gli spostati. Vivere senza amore, Moretti & Vitali, Bergamo, 2020

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