Bachelard tra psicoanalisi, psicologia analitica e fenomenologia dell’immagine.

“Vivere e rivivere l’istante dell’oggettività,
trovarsi sempre allo stato nascente dell’oggettivazione,
richiede uno sforzo costante di desoggettivazione”,
Gaston Bachelard

Nella Poetica dello spazio (1) Bachelard effettua una virata decisiva prendendo definitivamente le distanze dal pensiero psicoanalitico, sollevando alcune tematiche che risultano di estremo interesse per il nostro discorso. Parliamo della “contrapposizione tra punto di vista fenomenologico e punto di vista psicoanalitico” (2) che Giovanni Piana ha ampiamente approfondito del suo saggio su Bachelard. La novità di tale riorientamento di prospettiva e l’adozione di una nuova visone critica e meno ingenua nei confronti del pensiero psicoanalitico, vertono sullo spostamento dell’oggetto di studio: dalla rêverie come facoltà immaginativa, all’immagine stessa nella sua essenza. Un riorientamento metodologico e al tempo stesso epistemologico che inaugura un nuovo sguardo sul fenomeno immaginale:

“un filosofo che lega tutta la formazione del suo pensiero ai temi fondamentali della filosofia delle scienze e si è sforzato, per quanto gli è stato possibile, di seguire l’asse del razionalismo attivo […] è obbligato a dimenticare il suo sapere e a rompere con tutte le sue consuetudini di ricerca filosofica, se desidera studiare i problemi posti dalla immaginazione poetica” (3).

Per giungere al cuore del fenomeno immaginativo diventa indispensabile

“essere presenti, presenti all’immagine nell’istante dell’immagine: se esiste una filosofia della poesia, tale filosofia deve nascere e rinascere in occasione di un vero dominante, nella totale adesione ad una immagine isolata, precisamente nell’estasi stessa provocata dalla novità dell’immagine. L’immagine poetica scaturisce repentinamente dallo psichismo e si tratta di un fenomeno mal studiato nelle causalità psicologiche subalterne” (4).

Questa messa tra parentesi, la necessità di “dimenticare” le precedenti consuetudini di ricerca, come ci ricorda Piana, è “l’azione preliminare che dovrebbe introdurci all’atteggiamento fenomenologico” (5) , una modalità di confronto con l’immagine volta a liberarsi da “tutti gli allettamenti della cultura” (6) disponendo il soggetto in “una dimensione di ingenuità, di semplicità, proprio perché solo se ci disponiamo all’interno di questa dimensione possiamo essere realmente preparati all’afferramento della vita delle immagini” (7) . “Nei nostri studi sull’immaginazione attiva”, dice Bachelard, “seguiremo quindi la fenomenologia come scuola di ingenuità” (8).

Affermare l’ingenuità e la semplicità dell’immagine significa negare il “rapporto tra un’immagine poetica nuova ed un archetipo assopito nelle profondità dell’inconscio” (9) , o per lo meno “far capire come tale rapporto non sia propriamente causale” (10). In questa nuova direzione ermeneutica

“l’immagine poetica non è sottomessa ad alcun impulso, essa non è l’eco di un passato ma è piuttosto il contrario: attraverso una folgorante immagine, il passato lontano risuona di echi e non si riesce a cogliere fino a quale profondità tali echi si ripercuoteranno e si estenderanno. Nella sua novità, nella sua attività, l’immagine poetica possiede una propria essenza, un proprio dinamismo […]” (11).

Affermare che l’immagine “è un fenomeno mal studiato nelle causalità psicologiche subalterne” si intende negare un rapporto troppo facile e riduttivo con quegli antecedenti psicologici inconsci che la psicoanalisi vuole indagare e investigare ingenuamente ed in modo insufficiente:

“le cause allegate dalla psicologia e dalla psicoanalisi non riescono mai del tutto ad esplicitare il carattere veramente inatteso di una nuova immagine e neppure l’adesione da essa suscitata in un’anima estranea al processo creativo. Il poeta non mi fornisce il passato della sua immagine, eppure essa affonda immediatamente le proprie radici in me” (12).

L’ermeneutica psicoanalitica non ci permette di cogliere e vivere l’immagine nel suo originario scaturire, “presi come siamo a sbrogliare la matassa delle nostre interpretazioni” (13). Su questo tema si era soffermato a riflettere peraltro a riflettere anche Freud che con prudenza, forse intravedendo i pericoli insiti in un utilizzo troppo riduttivo della sua teoria, notava che

“l’indagine psichiatrica […] non aspira ad offuscare il risplendente e a trascinare nella polvere il sublime […]. Tuttavia non può fare a meno di ritenere degno di essere compreso tutto ciò che ravvisa in quei modelli, nella convinzione che nessuno sia così grande da doversi vergognare di sottostare alle leggi che regolano con uguale rigore il fare normale e quello patologico” (14).

Nelle parole di Freud si coglie una sorta di necessità dalla quale il suo “sistema interpretativo” non può prescindere. Le immagini, anche le più sublimi ed ispirate vanno ricondotte per Freud a delle leggi precise, vanno interpretate scavando in esse gli antecedenti psicologici inconsci dalle quali provengono, ai quali sono collegati da un vincolo necessario e causante. Non già simboli vivi, ma segni morti che rimandano a significati inconsci codificati. Esprimendosi sull’attività artistica, anche Jung dice che

“l’esercizio dell’arte è un’attività psicologica, o un’attività umana dovuta a motivi psicologici, e come tale è e deve essere sottoposta all’analisi psicologica” (15), ma con una visione più ampia afferma che

“soltanto quella parte dell’arte che comprende i processi di formazione artistica può essere oggetto di studi di tale genere, ma non quella che rappresenta l’essenza medesima dell’arte. Questa seconda parte, che cerca di sapere in cosa consista l’arte in se stessa, non può divenire oggetto di indagine psicologica, ma soltanto di un esame estetico artistico” (16).

Come dire: la psicoanalisi si occupi pure dei processi psicologici, del sogno, dell’immaginazione, del sogno ad occhi aperti, dei lapsuso delle manifestazioni psicotiche o isteriche, ma non cerchi di interpretare il prodotto artistico, ciò che ne costituisce l’essenza, perché non riuscirà mai a svelarne la luce più intima. Certo è possibile

“far risalire le condizioni della creazione artistica […] ai rapporti personali del poeta con i suoi genitori; ma con ciò nulla si è guadagnato circa la comprensione della sua arte. La stessa riduzione si può applicare, invero, in moltissimi altri casi, e in special modo nei disturbi psichici. Anche la nevrosi e la psicosi si possono ridurre ai rapporti dei figli coi genitori; lo stesso dicasi delle buone e delle cattive abitudini, delle convinzioni, delle particolarità del carattere, delle passioni e degli interessi particolari. Ma non si può ammettere che tutte queste cose, tanto diverse, abbiano un’unica spiegazione; altrimenti bisognerebbe concludere che […] non sono che un’unica cosa. Poiché, se si spiega un’opera d’arte nello stesso modo con cui si spiega una nevrosi, si può concludere che l’opera d’arte è una nevrosi, o la nevrosi è un’opera d’arte” (17).

Anche Bachelard sostiene che

“è possibile, nel corso di ricerche psicologiche prestare attenzione ai metodi psicoanalitici per determinare la personalità di un poeta e poter rivenire in tal modo una misura delle pressioni – soprattutto dell’oppressione – che un poeta è stato costretto a subire durante la sua vita, ma l’atto poetico, l’immagine improvvisa, la fiammata d’essere nell’immaginazione, sfuggono a inchieste di questo tipo” (18) .

Anzi “l’informazione biografica deprime l’immagine proprio perché connette l’immagine alla realtà incollandola ad essa […]” (19).

Jung ci fa notare che

“i metodi di Freud permettono di vedere in modo più profondo e completo le influenze che esercitano sulla creazione artistica gli avvenimenti che risalgono sino alla prima infanzia [ma] la possibilità di conclusioni audaci conduce facilmente a violenze. […] l’interesse si distoglie dall’opera d’arte per perdersi nel caos indistricabile degli antecedenti psicologici, ed il poeta diviene un caso clinico, un esempio che si inquadra in un determinato capitolo del psychopathia sexualis” (20).

Il metodo archeologico-investigativo freudiano trova forse la sua massima espressione nel saggio del 1910, “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci”, nel quale Freud partendo dall’analisi di un ricordo infantile, precisamente un ricordo di copertura, cioè una fantasia costruita nell’età adulta ma riferita ad un evento infantile, giunge ad individuare i caratteri erotico-pulsionali sottostanti la produzione artistica di Leonardo, per arrivare a dimostrare come il destino artistico del genio sia riconducibile alla attività di sublimazione della pulsione sessuale nel sapere e nella conoscenza. Tuttavia pare curioso come proprio Freud, proprio alla conclusione del suo saggio, mostri un’onestà e una prudenza ammirevoli quando afferma che “dobbiamo ammettere che […] l’essenza della creazione artistica ci è inaccessibile dal punto di vista della psicoanalisi” (21).

Il punto di vista di Jung rispecchia senz’altro la critica che Bachelard rivolge al riduzionismo psicoanalitico quando parlando del modo in cui Freud tratta l’opera d’arte dice che “si ha l’impressione di assistere ad una consultazione medica” (22) in quanto il “metodo di Freud non è che un procedimento curativo medico, che ha per oggetto un quadro morboso” (23) che applicato alla prodotto artistico

“strappa dal mantello scintillante dell’opera d’arte la nudità quotidiana dell’homo sapiens elementare, alla cui specie appartiene anche il poeta” (24).

Ma così facendo

“l’oro scintillante della creazione suprema, […] si spegne, poiché è stato esposto al metodo dissolvente che si applica alla fantasia malata dell’isterico” (25)

come avviene per esempio nelle stupefacenti immagini e nei sogni di volare di cui Bachelard si occupa nella Psicanalisi dell’aria (26) :

“per la psicoanalisi classica, il sogno di volare […] simboleggia, così si afferma, i desideri libidinosi” (27) .

La psicoanalisi, nella sua ricerca delle cause, non rende giustizia all’immagine e cioè alla sua portata simbolica, anzi la demolisce mentre la interpreta. Se l’immagine da un lato può essere suscitata da contenuti complessuali o archetipici che possono entrare nel campo della coscienza, dall’altro come abbiamo visto nel secondo capitolo, può scaturire come sintesi simbolica tra opposti psichici inconciliabili laddove ci sia proprio una coscienza ad accoglierla opportunamente, come direbbe Bachelard un cogito in grado di intenzionare la sua rêverie.

Al carattere “numinoso” dell’immagine potremmo quindi alternare il suo carattere “luminoso”; se l’immagine è una potenza seduttiva che può invadere l’Io e la coscienza, è anche una scintilla luminosa che brilla di luce propria. Se dunque la coscienza può essere un luogo luminoso scotomizzato da oscurità multiple, l’inconscio come ci insegna Jung può rivelarsi come quello sfondo psicoide e indifferenziato popolato la luminosità multiple, ossia da scintillae, da germi luminosi di coscienza.

Lo psicoanalista per Bachelard cerca sempre “una profondità al di sotto di una superficie” (28) , non conosce “l’ampiezza complessiva della verticalità […] quella che travolge e trascina i poeti” (29); “cerca sotto l’immagine per «spiegare»; non pensa affatto ad andare sopra” (30). In questo interesse verso il superiore e il scintillante dell’immagine “il fenomenologo può sostituire lo psicoanalista” (31).

L’intento di Bachelard è quello di fare notare come sia necessario

“un doppio metodo in grado di unire i due procedimenti contrari, l’uno rivolto all’indietro […] orientato verso la profondità, l’altro verso l’altezza, potrebbe produrre oscillazioni utili, stabilendo la connessione tra pulsioni e ispirazione, tra ciò che preme e ciò che aspira. Bisogna costantemente attaccarsi al passato e staccarsene senza posa. Per attaccarsi al passato occorre amare la memoria; per distaccarsene, è necessario immaginare molto […]. Per salire bene bisogna partire da molto in basso. Per salire bene bisogna dimenticare il molto basso” (32).

La psicoanalisi dovrà essere integrata con gli insegnamenti della fenomenologia. Diventa necessario “aggiungere alla psicoanalisi una poetico-analisi” (33) . I due diversi atteggiamenti, che nel nostro discorso sin dall’inizio abbiamo individuato nell’atteggiamento psicologico e fenomenologico, l’uno indirizzato verso la profondità, l’altro verso le altezze, troverebbero la loro conciliazione in un unico metodo a due facce sull’asse di una verticalità psichica differente da quella psicologica.

cvGianluca Minella, in “Fantasia, sogno e immaginazione nella psicologia analitica” (Milano, Roma; 1993-2014).


Note

  1. BACHELARD G., La poétique de l’espace (1957); trad. it., La poetica dello spazio, Dedalo, Bari, 1975.
  2. PIANA G., Il lavoro del poeta. Saggio su Gaston Bachelard, p. 25.
  3. BACHELARD G., La poetica dello spazio, p. 5.
  4. ibidem.
  5. PIANA G., Il lavoro del poeta. Saggio su Gaston Bachelard, p. 28.
  6. BACHELARD G., La poetica dello spazio, p. 257.
  7. BACHELARD G., La poetica della rêverie, p. 28.
  8. ibidem, p. 10.
  9. BACHELARD G., La poetica dello spazio, p. 6.
  10. ibidem.
  11. ibidem.
  12. ibidem, pp. 6-7.
  13. ibidem, p. 14.
  14. FREUD S., Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, p. 17.
  15. JUNG C. G., Psicologia analitica e arte poetica, in Il problema dell’inconscio nella psicologia moderna, Einaudi, Torino, 1959, p. 29.
  16. ibidem.
  17. ibidem, p. 31.
  18. BACHELARD G., La poetica dello spazio, p. 7.
  19. PIANA G., Il lavoro del poeta. Saggio su Gaston Bachelard, p. 30.
  20. JUNG C. G., Psicologia analitica e arte poetica, pp. 32-33.
  21. FREUD S., Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, p. 90.
  22. JUNG C. G., Psicologia analitica e arte poetica, p. 33.
  23. ibidem.
  24. ibidem, p. 34.
  25. ibidem.
  26. BACHELARD G., L’air et les Songes. Essai sur l’imagination du mouvement (1943); trad. it., Psicanalisi dell’aria. Sognare di volare. L’ascesa e la caduta, Red, Como, 1988.
  27. BACHELARD G., Psicanalisi dell’aria. Sognare di volare. L’ascesa e la caduta, p. 9.
  28. BACHELARD G., Fragments d’une Poétique du Feu (1988); trad. it., Poetica del fuoco. Frammenti di un lavoro incompiuto, RED, Como, 1990, p. 49.
  29. ibidem, p. 50.
  30. ibidem.
  31. ibidem.
  32. ibidem.
  33. ibidem.